14 Dicembre 2020
Molte volte accade che, quando veniamo sottoposti ad un colloquio per un nuovo lavoro, ci venga chiesto se siamo predisposti al Team Working e collaborare in gruppo con altre persone.
La risposta però non è così scontata e capita spesso che ognuno di noi, nel suo subconscio, inizi a pensare alle svariate volte in cui ha dovuto cooperare con altre persone. Capita anche che la mente ripercorra certi episodi non proprio positivi, dove la collaborazione in sé si è rivelata difficile o addirittura sia stata interrotta per mancanza di feeling tra le parti.
Il verbo “dovuto” che ho utilizzato nel precedente paragrafo non è casuale, infatti all’interno dell’ambiente lavorativo non abbiamo la libertà di scegliere autonomamente con chi collaborare, o meglio, non sempre. Spesso ci viene affiancato un collega che, in base alle sue competenze e all’esperienza, viene scelto da altri (verosimilmente da chi si occupa di ricerca del personale) per noi.
Quindi, alla domanda “sei predisposto al lavoro in team?” cosa rispondiamo?
La maggior parte delle volte la risposta è un sicuro e deciso “si”, ma la verità è che in molti omettono la loro predisposizione al lavoro individuale, fermamente convinti che “chi fa da sé fa per tre”. Altri invece rispondono con eccessiva leggerezza, a causa di una diretta mancanza di esperienza nel lavoro di squadra, ritenendolo (erroneamente) un fattore non così determinante nella vita lavorativa di tutti i giorni.
All’interno di questo blog voglio proprio sfatare questo mito, andando a illustrare l’importanza della collaborazione tra le persone e in generale del lavoro in team, finalizzato al raggiungimento di un obiettivo comune e del perché, dal mio punto di vista, questo rappresenti un aspetto fondamentale nell’ambiente lavorativo di oggi.
La mia esperienza personale – “siamo una squadra fortissimi”
Quando sono arrivato in Trueblue, nella divisione del Data Warehouse, eravamo un gruppo formato da poco più di dieci persone. All’inizio del mio percorso sono stato affiancato fin da subito da un collega molto esperto e competente in materia, Tommaso.
Il primo impatto che ho avuto è stato decisamente inaspettato, c’era molta loquacità tra le persone del gruppo, molto affiatamento, ma la cosa che più mi colpì fu la predisposizione tra i colleghi alla condivisione delle conoscenze. Se qualcuno veniva a conoscenza di qualcosa di importante inerente allo sviluppo in ambito BI, nel giro di poco tempo questa diventava di dominio “pubblico” all’interno della squadra. Da parte mia, non ero abituato a questa diffusione di informazioni, in quanto provenivo da ambienti molto differenti.
Ora, mi vorrei soffermare proprio su questo punto: la condivisone della conoscenza e del know-how, non è assolutamente scontata quando si lavora in un gruppo di persone.
Per esperienza diretta, posso dire che in certi ambienti lavorativi vige una certa legge non scritta, ovvero che “quello che so io è un tesoro che mai dovrò farmi sfuggire e condividere con gli altri”, riversato in una sorta di gelosia delle proprie conoscenze tecniche e del cliente. All’interno di questi ambienti spesso si trovano persone abituate a “coltivare il proprio orticello”, convinte che la condivisione della conoscenza possa arrecare loro un danno. Ed è proprio questo l’ambiente lavorativo dal quale bisogna tenersi a distanza.
Tornando alla mia esperienza in Trueblue, come accennavo precedentemente, non ero mai stato abituato ad un lavoro così collaborativo tra colleghi e mi sono subito accorto che il modus operandi che avevo usato fino ad allora non avrebbe potuto funzionare all’interno di questo gruppo di persone, che a tratti somigliava più a una famiglia, più che a una divisione aziendale come la siamo abituati ad immaginare.
Da lì sono partito, mettendomi in gioco e pian piano capendo che era molto più stimolante lavorare in un ambiente che incoraggia la condivisione e la collaborazione tra colleghi. Iniziai quindi a mettermi a disposizione degli altri nel caso servisse indagare sulle nuove funzionalità dei prodotti per la Business Intelligence. Anche in fase di sviluppo era possibile apprendere sempre nuove conoscenze lavorando insieme proprio come una squadra, che si sostiene di fronte ad un problema da superare grazie al confronto.
Teamwork – non è tutto oro quel che luccica
L’uomo è un “animale” sociale, portato per natura alla condivisione del pensiero, della parola, della conoscenza; per concretizzare questo concetto basta pensare all’avvento di Internet e a quello che ha portato in termini di condivisione dell’informazione.
Ovviamente però, i pensieri in un gruppo di persone possono essere discordanti e a volte capita di scontrarsi tra colleghi a causa di possibili fraintendimenti. Di fatto, ognuno di noi ha una propria personalità e non è scontato che questa sia compatibile con quella del prossimo.
Personalmente mi è capitato diverse volte di avere dei collaboratori molto distanti da me e dal mio modo di operare, ma questo non dev’essere assolutamente visto come uno punto a sfavore, anzi al contrario e sapete perché?
La verità è che le differenze possono essere di diversa natura: ad esempio ognuno lavora con un certo ritmo, spesso io completo le mie attività lentamente, perché necessito di avere la sicurezza che il lavoro che svolgo sia preciso (per questo motivo devo ripercorrere più volte una certa azione per accertarmi che questa sia corretta), altri invece fanno le cose più rapidamente. Bisogna comprendere però, che non esiste per forza un modo giusto e uno sbagliato, ma che dovremmo imparare a prendere il meglio da entrambi i lati.
Mi spiego meglio continuando su questo specifico esempio: il mio modo di lavorare mi porta ad essere più preciso di altri sotto certi aspetti, ma questo spesso può comportare la mancanza di qualche deadline di consegna dei progetti (ecco quindi, che sale a galla sia l’aspetto positivo che quello negativo). Dall’altro lato chi lavora velocemente difficilmente mancherà qualche deadline e sarà sempre puntuale nella consegna dei progetti, magari però a scapito della qualità del lavoro.
Il fatto di lavorare in team permette di sopperire a queste differenze facendo in modo di ottenere il meglio dalle persone per lo stesso obiettivo finale, andando ad annullare di fatto tutti gli aspetti negativi dei singoli. In altre parole, il team working permette di andare a valorizzare i punti di forza di ciascuno.
Spesso capita che lavorando insieme ai colleghi si vadano a evidenziare aspetti negativi, ma questa pratica non porta di fatto a nessun risultato. Quello invece che dovremmo imparare a fare è andare ad enfatizzare gli aspetti positivi di ciascuno e trarre da questi il maggior vantaggio possibile, impiegando i membri del team in mansioni che valorizzino le loro qualità e competenze.
Visto dal singolo, questo si traduce sicuramente nell’osservazione degli altri membri del team, ma focalizzandosi principalmente sui loro punti di forza e su quello che sanno fare meglio, cercando di imitarli in tal senso, in ottica di miglioramento.
Non si vive di solo pane ma anche di team working
Per concludere, nell’ambiente lavorativo moderno è essenziale sapersi integrare in un team di persone, perché la maggior parte delle aziende ha capito i vantaggi concreti del lavoro di squadra.
Questo è il motivo per cui ognuno di noi, all’interno di ogni ambito, dovrebbe impegnarsi a collaborare con le altre persone. Nel bene o nel male, il lavoro in team è diventato parte delle nostre vite.
È vero, il singolo si troverà a doversi mettere in discussione, ma non possiamo certo ritenere che il nostro pensiero sia corretto in maniera imprescindibile. Nella realtà, infatti, ci scontriamo sempre con chi ha più esperienza di noi o maggiormente formato su certi argomenti, mentre al contrario può capitare di avere a che fare con persone che invece devono crescere dal punto di vista professionale e in questo caso diventiamo noi stessi dei coach. Ciò significa che in alcuni momenti ci troveremo a dover imparare da una persona, in altri saremo lì per formarne un’altra e tutto questo scambio reciproco darà vita ad una catena che terrà efficiente il lavoro del team in tutto il suo insieme.
In Trueblue, nella sezione del Data Warehouse, le persone collaborano tutti i giorni e ci incontriamo, sia faccia a faccia sia da remoto, più volte al giorno. La nostra giornata inizia propri così, con una sessione di squadra dove ognuno di noi espone le attività previste nell’arco della giornata.
Di fatto ogni progetto viene condiviso da due o più persone, solitamente della stessa squadra, ma la gestione del progetto stesso è demandata a persone al di fuori della nostra divisione. Ecco che diventa per noi fondamentale collaborare non solo con i colleghi di profilo tecnico, ma anche con coloro che presentano un profilo gestionale o, una volta terminato il progetto, legato al supporto. Tutte le persone coinvolte quindi fanno parte di un disegno più grande e ognuna di queste, con le sue competenze e qualità, si combina con le altre fino a formare un grande puzzle che rappresenta la nostra grande azienda, Trueblue.
Gerardo Rossi – BI Specialist
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